“…oggi il carcere, paradossalmente, diventa il luogo della ‘presa in carico’ di tanti che sono rimasti fuori da altri tipi di interventi sanitari e/o sociali…”
Buffa, Umanizzare il carcere, ed. Laurus 2015
LA COOP. LE MANI PARLANTI EFFETTUA ATTIVITÀ PRESSO GLI ISTITUTI PENITENZIARI DI PARMA IN CONVENZIONE CON L’ AZIENDA AUSL DI PARMA – DAISM.DP – UNITA’ OPERATIVA SALUTE MENTALE E TOSSICODIPENZA NEGLI II.PP.
Dall’introduzione del DPCM del 2008 la salute nelle carceri non dipende più dall’amministrazione penitenziaria bensì è direttamente gestita e “amministrata” dalle aziende Sanitarie Locali e nel testo “si afferma il principio per il quale i detenuti hanno diritto alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione previste nei livelli essenziali e uniformi di assistenza al pari dei cittadini in stato di libertà”, quindi la tutela della salute delle persone ristrette rappresenta un diritto universalmente riconosciuto ed esigibile in carcere, tanto quanto avviene nei contesti di cura “esterni”.
La riorganizzazione del servizio psichiatrico interno negli II.PP. ha promosso una presa in carico del detenuto con problematiche psichiatriche e di dipendenza patologica che molto si avvicina, pur mantenendo specificità proprie, alla presa in carico multiprofessionale delle équipe territoriali dei servizi del Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale e Tossicodipendenze (DAISM-DP) di Parma.
L’assistenza sanitaria e psichiatrica in carcere rappresenta un tema di forte dibattito interno alle istituzioni coinvolte: la regione Emilia Romagna insieme al Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria ha firmato nel luglio 2014 un protocollo di intesa dove si parla di “leale collaborazione interistituzionale”, una formula che sembra voler superare la storica contrapposizione e delega sulle competenze e professionalità da mettere in campo, così come la reciproca diffidenza tra due istituzioni entrambe forti.
Gli operatori del centro di psicologia “Le mani parlanti” sono impegnati su tre aree all’interno dell’ UO Salute Mentale e Tossicodipendenza negli II.PP.
A) SCREENING DEI NUOVI GIUNTI IN CARCERE
La valutazione sui Nuovi Giunti (persone provenienti dalla libertà, da altro istituto o rientrate in carcere dalla detenzione domiciliare o da un affidamento in comunità) prevede più colloqui esplorativi e di osservazione. La fase di osservazione del Nuovo Giunto si pone come uno spazio di ascolto finalizzato a permettere il riconoscimento dell’individualità in un luogo spersonalizzante, accogliendo i bisogni che potrebbero prendere la strada dell’agire, lavorando sull’opportunità di frapporre un tempo tra lo stimolo e la reazione.
FINALITA’:
La presa in carico psicologica dei nuovi giunti si esaurisce in due mesi.
Al termine della fase di monitoraggio del detenuto in qualità di Nuovo Giunto si possono identificare i seguenti esiti
B) SOSTEGNO PSICOLOGICO, PSICOTERAPIA, COLLABORAZIONE COSTANTE CON GLI OPERATORI DELL’EQUIPE SALUTE MENTALE E TOSSICODIPENZA NEGLI II.PP.
Il sostengo psicologico, durante la fase della detenzione, è mirato al potenziamento delle capacità di coping e di gestione delle frustrazioni della vita intramuraria.
Oltre che al momento dell’ingresso, si ritiene importante mantenere attenzione alle condizioni psicologiche del detenuto lungo tutto il periodo della sua permanenza nell’Istituto Penitenziario per evidenziare eventuali aree di vulnerabilità o la presenza di rischio suicidario.
Tale percorso psicologico avviene attraverso un ciclo di colloqui psicologici individuali, l’approccio metodologico è di tipo integrato, in accordo al modello maggiormente operante all’interno dei servizi psichiatrici e tossicodipendenze. Durante tutto l’intero percorso si collabora con gli operatori appartenenti alle varie aree (sanitaria, tratta mentale, sicurezza e volontari). Oltre a un eventuale contatto e/o presa in carico con i servizi socio territoriali.
In generale tali azioni possono essere di seguito riassunte:
C) LABORATORIO TEATRO DI FIGURA PRESSO GLI ISTITUTI PENITTENZIARI DI PARMA (II.PP.)
Il laboratorio di teatro di figura si propone come un intervento di aiuto e di sostegno a mediazione arte-terapeutica il cui focus della attività arte-terapeutica del laboratorio (costruzione dei personaggi e delle scenografie del teatro di figura) è la possibilità di offrire una “ponte” comunicativo pre-verbale , “ponte” congruo con la forma del proprio vissuto interiore e con il proprio livello comunicativo.
La convinzione forte di un laboratorio con il teatro di figura presso il carcere di Parma, è eappresentata dall’elevato potere terapeutico dello strumento al fine di recuperare difficoltà espressive e comunicative, di sviluppare abilità manipolative adeguate, ma soprattutto al fine di sostenere la rimozione di blocchi psicologici. Una delle funzioni terapeutiche principali è la possibilità di affidare parti di sé al personaggio-burattino (è il burattino che si assume la responsabilità di azioni “non accettate o spiacevoli” distanziandosi dal paziente). Il burattino in genere diventa la proiezione del proprio Io profondo, e proprio come una sorta di “ginnastica ed allenamento emotivo” crea i presupposti per favorire l’emergere di vissuti personali. Il laboratorio del teatro di figura, condotto con tecniche arte-terapeutiche, quindi dà la possibilità ai partecipanti di esteriorizzare, modulare e regolare l’esperienza emotiva (es. passare dal sentire dolore al “buttare fuori facendo”), funzioni preziose e fondamentali per la tipologia di pazienti prima esposta.
Quindi riteniamo il laboratorio di teatro di figura un’occasione per sperimentare la possibilità di ritrovare una dimensione personale e creativa in un contesto di gruppo, particolarmente indicata per persone che vivono all’interno dell’istituzione carceraria.
Il lavoro creativo si articola in tre fasi .
La costruzione del burattino, impegna i partecipanti sia da un punto di vista prettamente costruttivo, con la sperimentazione di varie tecniche , che da quello emotivo. Si nota spesso un investimento affettivo nei confronti del proprio burattino/personaggio che costituisce un importante segnale di quanto ognuno proietta di sé nel personaggio creato e al quale successivamente darà voce e movimento.
Sulla base delle esperienze precedenti si è potuto constatare come la partecipazione dei detenuti a questo laboratorio abbia permesso loro di ritrovare momenti di gratificazione, di scambio e di condivisione di emozioni anche profonde, restituendo loro un ruolo sociale altrimenti perso.
Inoltre la realizzazione di un progetto comune che si svolge nell’arco di alcuni mesi e che culmina nella rappresentazione , ha costituito un importante traguardo per i partecipanti, che spesso, nei laboratori degli anni precedenti, hanno dichiarato l’incapacità , nella vita quotidiana del carcere di riuscire a portare a termine una progettualità.
RIFERIMENTI
– P. Buffa, Prigioni. Amministrare la sofferenza, ed. Gruppo Abele, Torino, 2013.
– P. Volta, M. Inglese, C. Cimmino, E. Lundgren, U. Zambelli, I. De Amicis, G. Verdoliva,: Incontrare il disagio. Interventi precoci per la salute mentale all’interno degli istituti penitenziari. L’esperienza di Parma. Sestante, Aprile 2016- IN STAMPA- .